Orvieto

Orvieto - Necropoli

Ai piedi della rupe si estendevano le necropoli, di cui i due nuclei principali sono in località Cannicella a sud e in località Crocifisso del Tufo a nord. A Cannicella è stato identificato anche un santuario posto all’interno dell’area della necropoli stessa.
Numerose le necropoli, soprattutto di VI sec. a.C., distribuite nel territorio: esse corrispondono a centri abitati minori. Con il IV sec. a.C. l’aristocrazia locale preferisce la campagna alla città e si fa seppellire nei sepolcri ipogei del territorio, decorati, nei casi più eccelsi, da affreschi: (tombe Golini I e II ed Hescanas). La vita nella città sembra interrompersi nella prima metà del III secolo a.C., in concomitanza con le notizie della distruzione di Volsinii da parte dei Romani, che deportarono parte della popolazione nei pressi del lago di Bolsena, dove nasce la nuova Volsinii romana. Altri abitanti della Volsinii etrusca si dispersero probabilmente nei territori circostanti, in particolare verso Perugia e la valle umbra.

Il tempio etrusco di Belvedere

Nell’ambito delle città etrusche, il tempio costituiva sempre uno dei più importanti edifici, e come tale riceveva ogni genere di interessamento anche dalle autorità pubbliche, oltre che dai privati cittadini. In posizione dominante, lungo Viale Carducci, si scorgono i resti di un tipico edificio templare etrusco-italico.
La struttura sorgeva su un alto podio accessibile da una gradinata sul lato anteriore; dopo una zona aperta delimitata da colonne si entra nella parte posteriore, chiusa, formata da tre celle di cui quella centrale riservata al simulacro della divinità. Gli elementi strutturali principali, realizzati in legno, erano successivamente decorati con terrecotte, arricchite dalla policromia; sul tetto potevano esserci statue acroteriali in terracotta, spesso di elevato valore artistico.

Muro etrusco in via della Cava

La struttura apparteneva al complesso sbarramento che interrompeva l’unico accesso praticabile alla rupe. L’opera muraria è costituita da una serie di otto filari di grandi blocchi in tufo, sovrapposti in modo non sempre regolare, dei quali l’inferiore era certamente di fondazione, affiancati alla parete naturale tufacea, della quale prosegue l’andamento. Perpendicolarmente alla parete, ma ad un livello superiore, è un tratto murario anch’esso di epoca etrusca, realizzato nella tecnica “a telaio”, nota in ambiente orvietano, e facente parte probabilmente di qualche struttura utilitaria marginale all’impianto difensivo. Pur in mancanza di elementi obiettivi di datazione, appare molto probabile che l’epoca in cui venne realizzata la struttura di difesa risalga alla fine del VI sec. a.C. o agli inizi del V, corrispondente al periodo di maggiore fioritura economica e culturale della città di Orvieto – Velzna, del quale la più evidente testimonianza restano le necropoli di Crocifisso del Tufo e di Cannicella.

Il porto romano di Pagliano

L’area posta alla confluenza fra il Tevere ed il Paglia fu utilizzata in epoca antica per l’insediamento di un impianto portuale. La struttura svolse una importante funzione per l’economia del territorio orvietano, poiché lo poneva a contatto del limitrofo territorio chiusino e la città di Roma.
La Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria sta intervenendo con organiche campagne di scavo, partendo dalla zona meridionale dell’insediamento. Le operazioni sono state avviate nell’estate 2000, scoprendo gradualmente vari settori del complesso. Di pari passo all’attività di ricerca è stata avviata l’indispensabile opera di protezione e restauro delle strutture ormai fuori terra e di quelle che progressivamente riemergono dal terreno.

Campo della Fiera, santuario etrusco

Le annuali campagne di scavo condotte ad Orvieto su concessione della Soprintendenza, sta rivelando i resti del Fanum Voltumnae, il grande santuario, risalente al VI sec. a.C., dove si riunivano i rappresentanti delle dodici città componenti la lega etrusca. Gli scavi  hanno rimesso in luce due altari, uno dei quali monumentale, oltre ad un recinto con tempio al suo interno.
Altre scoperte nell’ area riguardano una fontana monumentale, la base di un grande edificio etrusco e una larga via sacra che conduceva al tempio di grandi dimensioni, probabilmente il principale del Fanum. Rinvenuta anche una  testa maschile in terracotta, in origine policroma, a grandezza naturale e su base dello stesso materiale, che secondo i primi accertamenti potrebbe identificarsi proprio con Voltumna, divinità suprema del pantheon etrusco.

Orvieto - Campo della Fiera

Testimonianze preistoriche nel territorio

Nel territorio orvietano si riscontra la più alta densità di grotte frequentate dall’uomo, a scopo di culto. Le frequentazioni sono attestabili nel corso dell’antica e Media età del Bronzo, come a Parrano, Titignano e Castel Giorgio. Il fenomeno è indubbiamente collegato all’importante e vicino sito di Belverde, in provincia di Siena, che presenta fortissime analogie.
Tutte le grotte in territorio orvietano si affacciano sulle pareti a strapiombo di corsi d’acqua.
Gli ingressi si aprono ad altezze notevoli, al di sopra di rapide o cascate.

Ai piedi del borgo medievale, sul versante occidentale del monte Peglia, s’innalza un grande e scosceso blocco calcareo. Nel corso dei millenni l’impeto del torrente Fosso del Bagno ha scavato archi e grotte che ora si spalancano sulle ripide pareti.
Le più note, chiamate Tane del Diavolo, sono otto e si collocano in corrispondenza di grandi archi naturali. Nonostante l’inospitalità dell’ambiente, il sito è stato frequentato in vari momenti nel corso della preistoria. La ricerca paletnologica delle Tane è iniziata circa settanta anni orsono dal perugino Umberto Calzoni. Successive campagne effettuate dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria sono degli anni 1980 e 2000.

Il Centro di Documentazione Territoriale di Parrano offre dettagliate informazioni sulle Tane del Diavolo e un efficiente servizio di escursioni. Data la particolare natura del sito, queste sono sempre guidate da soggetti qualificati.
Per informazioni e visite: tel. 0763/838001 – fax. 0763/838520 – C. D. T. tel. 0763/838047

La grotta San Francesco a Titignano

Si apre sulla sponda destra del fiume Tevere, a due chilometri dal castello di Titignano. La grotta è costituita da un insieme di piccole camere e stretti cunicoli dislocati a vari livelli e comunicanti tramite brevi passaggi. La frequentazione umana sarebbe collocabile nel corso dell’antica e media età del Bronzo. Un’altra cavità detta “Pozzi della Piana” è stata scoperta negli anni Settanta del Novecento. Il suo sviluppo sotterraneo raggiunge i 2500 metri ed è costituita da un labirinto di gallerie disposte su due piani comunicanti. Materiale riferibile al Neolitico e in parte all’eta del Bronzo, è stato rinvenuto nella parte più interna.

La grotta sul torrente Romealla a Castel Giorgio

Rinvenuta nel 1992, costituisce la scoperta più recente. Anche in questo caso la grotta si apre sulle pareti scoscese del fosso. Al suo interno erano presenti tracce di manufatti riferibili all’età del Bronzo.